Una storia di oltre mille anni
Una storia di oltre mille anni
Poco a valle di Lecco, sulla riva sinistra del fiume Adda, ai margini della Valle San Martino, sorge il vecchio convento dei Servi di Maria con la chiesa della Vergine del Lavello.
Qui un tempo la rapida corrente rallentava la sua corsa, consentendo di passare a guado da una sponda all’altra. A difesa di quel passaggio, verso l’anno mille, era stato posto un castello. Intorno, tra l’ampia riva alberata e campi generosi, sorgeva un piccolo insediamento di contadini e pescatori. Nell’entroterra correva la strada che collegava Bergamo con Como e i valichi alpini.
Accanto al castello sorgeva la chiesetta di San Simpliciano che successivamente prese il nome di Santa Maria. Piccola e modesta, aveva una sola navata di otto metri per quattro e mezzo con l’altare dipinto. Quel castello e quella chiesa furono quasi certamente protagonisti della lotte che nel dodicesimo secolo videro coinvolti i Comuni lombardi e l’Impero, e quindi degli scontri per la supremazia tra le maggiori città padane. Sappiamo che, nella prima metà del 1300, il Lavello era sicuramente attribuito alla potestà del Comune di Bergamo.
Sul finire del secolo le battaglie che sconvolsero la piana del Lavello e che videro protagonista Bernabò Visconti, portarono alla distruzione del castello, mentre l’abitato si ridusse a una ben misera comunità. Con la pace di Lodi del 1454, le due sponde dell’Adda divennero definitivo confine tra il Ducato milanese e la Repubblica di Venezia.
Tra i resti delle antiche costruzioni, accanto alla rustica cappella, ancora esistente nel 1438, trovarono rifugio alcuni eremiti in cerca di luoghi appartati, lontani dallo stridore delle continue contese. Si narra che uno di costoro, di nome Jacopino, in seguito ad un ordine divino, si diede a costruire una chiesa più ampia.
Fu durante quei lavori che, nell’aprile del 1480, di sotto a un’antica sepoltura, scaturì improvvisamente una fonte. La voce si diffuse ben presto e qualche tempo dopo venne al Lavello una madre con il figlio completamente paralizzato. Lavatolo nella fonte questi iniziò a camminare tra lo stupore dei presenti. Il luogo divenne immediatamente meta di pellegrinaggi, tanto che intorno al 1486 da Bergamo giunsero alcuni Servi di Maria che contribuirono alla costruzione della nuova chiesa.
La consacrazione avvenne quattro anni dopo, nel 1490, durante una sontuosa cerimonia alla presenza di tutti i nobili e i popolani della Valle San Martino, e fu officiata da un delegato arcivescovile milanese.
Nel 1493 al Lavello già si teneva una importante fiera e le elemosine assommavano a circa mille ducati. Nel 1510 i frati iniziarono la costruzione dell’odierno convento.
Col tempo ai religiosi furono donati diversi terreni. Le buone rendite consentirono l’avvio di nuovi lavori con la costruzione di due dormitori, del refettorio, di nuovi porticati e porzioni del chiostro. Intanto le notizie di eventi miracolosi si diffondevano sempre più. E il popolo affluiva numeroso. La nuova chiesa divenne ben presto insufficiente ad accogliere i fedeli. Così, sul finire del sedicesimo secolo, la navata venne ingrandita realizzando due presbiteri gemelli, con un doppio altare. La chiesa raggiunse così le dimensioni attuali.
Nel 1629 la discesa dei Lanzichenecchi con la loro scia di devastazioni mise fine ad un lungo periodo di prosperità. La peste che rovinò le due sponde dell’Adda colpì duramente la piccola comunità: il convento fu trasformato in lazzaretto e i frati perirono uno dopo l’altro nella loro opera di assistenza ai malati.
Passato il grande flagello altri religiosi dovettero ripristinare la chiesa e il convento, riportando alla luce gli affreschi coperti da imbiancature e fumi e ponendo mano a opere di ampliamento della struttura. La ripresa fu lenta e faticosa. Successivi lavori di sistemazione e alcuni rifacimenti segnalarono l’inizio di un nuovo periodo di prosperità lungo tutto il secolo XVIII. Alle fiere che si svolgevano al Lavello durante l’anno riprese ad arrivare un gran numero di persone, le proprietà assicuravano buone rendite.
Il convento aveva due orti che producevano frutta e verdura, oltre a un giardino. La cucina era sempre fornita e non faceva mancare nulla ai frati che vivevano nel complesso. Ma nel 1772 un decreto del Senato veneto ordinò la soppressione del convento e i Serviti lo abbandonarono definitivamente. Esso divenne oggetto di contesa tra parroci ed estimati che vantavano diritti sul complesso, ma la chiesa aveva ormai perso molta della sua capacità di attrazione sui fedeli, della fonte dei miracoli non si parlava quasi più.
Ripetuti tentativi di rivitalizzare il Santuario furono fatti nel corso degli anni successivi, con fortune alterne ma poche speranze di tornare ai fasti del passato. L’ultima offesa al convento venne inferta dagli eserciti in guerra nel secondo conflitto mondiale. Solo nel settembre 1948 fu possibile la riapertura della chiesa, primo passo di un lento lavoro di recupero concluso ai nostri giorni.